Affrontare i demoni interiori e quotidiani della natura umana e la sua ombra. Avere il coraggio di tirare fuori gli scheletri dall’armadio, guardarli in faccia, sudare freddo. Scrivere e crescere. E andare avanti con una nuova consapevolezza. Pieni di Luce. Questo è scrivere per me.
Ecco perché l’header di questo blog è volutamente Scrivo, ergo sum.
La scrittura ha infatti sempre fatto parte della mia vita fin dall’infanzia, ma è sempre stata una scrittura poetica e fino ai vent’anni, senza nessuna velleità letteraria, è stata una mia espressione artistica del tutto privata, a tal punto che non m’interessava neppure pubblicare e/o partecipare a premi letterari.
La passione per la poesia è nata prima di quella per la narrativa, tanto che preferisco definirmi una poetessa-scrittrice piuttosto che una scrittrice-poetessa.
Attorno ai ventidue anni, in coincidenza con l’anno in cui sono stata presidente della Biblioteca Civica di Bernareggio, ho iniziato a prendere coscienza che questo aspetto della mia vita era molto più importante di quanto mi fosse sembrato fino ad allora. È stato quindi da quel momento in poi che ho iniziato a considerare questa passione in modo diverso, anche se i primi racconti e brevi testi di narrativa hanno preso forma solo attorno ai trent’anni.
Dopo i miei cinque anni di vita londinese, mentre studiavo lingua e letteratura inglese, sempre lavorando in contemporanea, e negli anni successivi in Italia, nei quali mi sono dedicata all’interpretariato e alla traduzione, ho tralasciato la mia voce narrativa ma non quella poetica, dunque in Inghilterra, negli ultimi due anni, spesso scrivevo versi in lingua inglese. Infatti, come già scritto, le poesie sono una presenza viva fin dalla mia infanzia e sempre così sarà finché avrò vita, al di là delle aspirazioni editoriali. Si tratta infatti di un bisogno irrinunciabile e di un’estensione naturale di me stessa. Non disdegno comunque la scelta della traduzione, in quanto questa attività è stata un’eccellente palestra per arrivare a capire, insieme alla lettura, come è costruito un testo e come quindi si può produrre uno scritto proprio.
Posso dire di aver deciso di scrivere poesia, ma anche prosa, per non dipingere. Questo è ben specificato nella prefazione del mio primo libro di poesie Kairòs. L’assioma poesia-pittura era caro già a Leonardo da Vinci, ma nella prefazione di Kairòs ho preferito commentare il pensiero di Orazio, il suo ut pictura poësis, cioè l’idea che la pittura e la poesia siano alla fine la stessa cosa: cambia la forma ma medesima è la sostanza, uno sguardo attento alla realtà interiore ed esteriore per poi riproporla con una rilettura ed interpretazione personale. Perché dico questo? Perché fin dalla mia più tenera età ho vissuto accanto ad una persona, nello specifico mio padre, che ha sempre dipinto e anche io ho tentato di seguire le orme paterne, pur già scrivendo poesie. Durante l’adolescenza, ho però capito che non avrei continuato in questa forma artistica. Questo per vari motivi, sia personali che pratici.
Ora, a distanza di anni, non so se questa sia stata la scelta più facile. Infatti, come ben spiega Dorothea Brande nel suo libro” Becoming a writer”: a differenza di altri artisti, lo scrittore non ha alcuna prova concreta e visibile della propria eccellenza, una volta che l’ha raggiunta. Se infatti, il pittore e il fotografo, con i prodotti evidenti del loro lavoro, e il musicista con la sua capacità di produrre piacevoli intrecci di suoni con il suo strumento, o appunto un pittore piuttosto che uno scultore, possono far leva su prove concrete della loro produzione artistica, lo scrittore ha soltanto le parole, che perfino i pappagalli sanno utilizzare.
Pochi sono stati i corsi di scrittura creativa da me seguiti. Un laboratorio poetico negli anni ’80 organizzato nell’ambito del progetto Stoichea del Comune di Milano, affidato all’autorevole voce di Maria Pia Quintavalla che ho piacevolmente ritrovato nell’antologia poetica La giusta collera; a seguire un laboratorio di scrittura creativa e argomentativa affidato a Cristina Pennavaja. Certo è che gli studi universitari in inglese mi hanno fornito la formazione di base che ho approfondito poi con molto studio personale, tanta lettura e molta scrittura.
Scrivere quindi è una scelta difficile, e non solo per questi motivi. Una scelta però necessaria nel momento in cui, l’urgenza e la necessità di narrare, diventano esigenze irrinunciabili nella mia vita.
Condivido pienamente quanto detto dalla signora Cinzia sul valore dello scrivere, scrivo anche io per hobby e se scrivo – molto modestamente – è per i motivi sopra esposti dalla nostra chiarissima autrice. Grazie, francesco
Proprio ieri sera leggevo così:
La poesia non è che un modo di percepire gli oggetti esterni, un organo speciale che setaccia la materia e che, senza mutarla, la trasfigura.
(Gustave Flaubert da una lettera a Louise Colet)
Come diceva il grande Jorge Luis Borges “la scrittura è una forma di felicità”.
Scrivo da molto tempo così come cammino da molto tempo, la mia meta è il percorso, l’incedere tra i dolori e le meravigle della vita, e scrivere mi rende felice. Se, poi,anche solamante una persona, una donna, un uomo, un vecchio o un bimbo, si emoziona allora mi illudo di non avere scritto invano.
Auguri di buona vita e buona scrittura, Cinzia
Pierre
Sono d’accordo. Per me scrivere è esattamente la stessa cosa e fare poesia è rendere viva attraverso la pienezza della parola, liberata dalle convenzionalità, la realtà sia esteriore che interiore di chi scrive.
La scrittura per me è crescere in noi stessi, e quando scrivo lo faccio a mia nonna e sembra come se le trasmetto quello che scrivo e lei lo sente… 😀